Frasi Mania > Poesie > Poesie sulla Neve: le 15 più belle ed emozionanti

Poesie sulla Neve: le 15 più belle ed emozionanti

1 Stella2 Stelle3 Stelle4 Stelle5 Stelle (Voti: 1 . Media: 5,00 su 5)
Ultimo aggiornamento: 19 Giugno 2023
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sulla Neve

Con l’arrivo del freddo e dell’inverno, siamo tutti in attesa della neve che con la sua dolce bellezza ci fa ritornare un po’ bambini.

La neve dipinge di bianco le case e i paesaggi, regalandoci scenari incantati e magnifiche atmosfere natalizie.

Qui di seguito le più belle poesie sulla neve che descrivono al meglio lo splendore, le emozioni e i malinconici pensieri che ci suscita. Eccole!

Poesie sulla neve

Trova tanti altri articoli simili nella categoria: Poesie

La neve
(Giovanni Pascoli)
Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca,
senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca,
canta una vecchia, il mento sulla mano,
La vecchia canta: – Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

La neve cade
(Ada Negri)
Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando, la neve
cade.
Danza la falda bianca
nell’ampio ciel scherzosa,
poi sul terren si posa,
stanca.
In mille immote forme
sui tetti e sui camini
sui cippi e sui giardini,
dorme.
Tutto d’intorno è pace,
chiuso in un oblìo profondo,
indifferente il mondo
tace.
Ma ne la calma immensa
Torna ai ricordi il core,
E ad un sopito amore
Pensa.

Nevicata
(Edmondo De Amicis)
Sulla campagna squallida e pensosa
Scende la neve a larghi fiocchi e lenti,
E sui morbidi strati rilucenti,
Immaculata e tacita si posa;
Scende, d’un fitto vel copre ogni cosa,
Copre casette, ponti, acque dormenti,
E colma fossi e imbianca bastimenti,
E scende senza fine e senza posa;
E via pei campi, dietro al bianco velo,
Gli alti mulini in grande atto severo
Tendon le braccia irrigidite al cielo;
E del piano bianchissimo al confine
Segna la vecchia Leida un arco nero…
Nevica senza posa e senza fine.
Io veggo nelle tepide casine
Gli olandesi panciuti ed opulenti
Seduti intorno ai caminetti ardenti
Sbuffare il fumo in larghe onde azzurrine,
O stare a mensa con le fronti chine
Argomentando in riposati accenti,
E macinar gli arrosti succulenti
Con le lente mascelle elefantine;
Veggo le caste mogli e i grossi putti,
E il placido gatton lucido e bello,
E monti di formaggi e di prosciutti;
E i larghi letti insidïati invano
Sa cui l’Amore ha scritto a stampatello:
Chi va piano va sano e va lontano.

Verrà quest’anno la neve
(Matsuo Bashō)
Verrà quest’anno la neve
che insieme a te
contemplai?

Il pupazzo di neve
(Jacques Prévert)
Nella notte dell’inverno,
galoppa un grande uomo bianco.
È un pupazzo di neve
con un pipa di legno
un grande pupazzo di neve
perseguitato dal freddo.
In una piccola casa
entra senza bussare
e per riscaldarsi
si siede sulla stufa rovente
e sparisce d’un tratto
lasciando solo lo sua pipa
in mezzo ad una pozza d’acqua
ed il suo vecchio cappello.

Mentre nevica
(Lina Schwarz)
C’è una bimba che spazza davanti alla sua porta:
La bimba è piccola, e la granata è corta:
la neve è tanta tanta che copre la città,
a spazzarla via tutta chi mai ci arriverà?…
Ci arriveremo tutti, se ognuno spazza un po’…
la bimba è piccolina, ma fa quello che può.

Il cielo è basso
(Emily Dickinson)
Il cielo è basso, le nuvole a mezz’aria,
un fiocco di neve vagabondo
fra scavalcare una tettoia o una viottola
non sa decidersi.
Un vento meschino tutto il giorno si lagna
di come qualcuno l’ha trattato;
la natura, come noi, si lascia talvolta sorprendere
senza il suo diadema.

Sotto la neve
(Rainer Maria Rilke)
Sotto la neve
lo penso: e vedo (o sogno)
un piccolo villaggio, una gran pace:
dentro, un cantar di galli.
E il piccolo villaggio si smarrisce
in un fioccar di neve.
Entro il villaggio in abito da festa
una casetta bianca.

Neve
(Umberto Saba)
Neve che turbini in alto e avvolgi
le cose di un tacito manto.
Neve che cadi dall’alto e noi copri
coprici ancora,all’infinito: imbianca
la città con le case,con le chiese,
il porto con le navi,
le distese dei prati…

Inverno
(Antonia Pozzi)
Fili neri di pioppi
fili neri di nubi
sul cielo rosso
e questa prima erba
libera dalla neve
chiara
che fa pensare alla primavera
e guardare
se ad una svolta
nascono le primule.
Ma il ghiaccio inazzurra i sentieri
la nebbia addormenta i fossati
un lento pallore devasta
i dolori del cielo.
Scende la notte
nessun fiore è nato
è inverno anima
è inverno.

L’omino di neve
(Gianni Rodari)
L’omino di neve,
guardate che caso,
non ha più naso
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve.
e ha solo un orecchio:
in un giorno di sole
è diventato vecchio!
Chi gli ha rubato un piede?
È stato il gatto,
bestia senza tatto.
Per un chicco di grano
una gallina
gli becca una mano.
Infine, per far festa,
i bambini
gli tagliano la testa.

Paese sotto la neve
(Giuseppe Ungaretti)
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve.

La neve
(Attilio Bertolucci)
Come pesa la neve su questi rami
come pesano gli anni sulle spalle che ami.
L’inverno è la stagione più cara,
nelle sue luci mi sei venuta incontro
da un sonno pomeridiano, un’amara
ciocca di capelli sugli occhi.
Gli anni della giovinezza sono anni lontani.

Nevicata
(Guido Gozzano)
Dalle profondità dei cieli tetri
scende la bella neve sonnolenta,
tutte le cose ammanta come spettri:
scende, risale, impetuosa, lenta.
Di su, di giù, di qua, di là s’avventa
alle finestre, tamburella i vetri…
Turbina densa in fiocchi di bambagia,
imbianca i tetti ed i selciati lordi,
piomba, dai rami curvi, in blocchi sordi…
Nel caminetto crepita la bragia…

La neve
(Gabriele D’Annunzio)
Scendi con pace,
o neve: e le radici
difendi e i germi.
che daranno ancora
erba molta agli armenti.
all’uomo il pane.
Scendi con pace, si che al novel tempo
da te nutriti, lungo il pian ridesto,
corran qual greggi obbedienti i fiumi.

Nevicata
(Giosuè Carducci)
Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinereo: gridi,
suoni di vita più non salgono da la città,
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzon ilare e di gioventù.
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.
In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore –
giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.

Vento e neve
(Giovanni Pascoli)
Il vento come un mostro ebbro, mugliare
udii, notturno. Errava non veduto
tra i monti, e poi s’urtava al casolare
piccolo, ed in un lungo ululo acuto
fuggiva ai boschi, e poi tornava ancora
più ebbro, con suoi gridi aspri di muto.
L’udii tutta la notte ed all’aurora
non più. Dormii. Sognai su la mattina
che la pace scendeva a chi lavora.
Or vedo: scende: era divina
l’anima. Il cielo tutto a terra cade
col bianco polverio d’una rovina.
Non un’orma. Vani te anche le strade,
la terra è tutta un solo mare a onde
bianche, di porche ov’erano le biade.
Resta il mio casolare unico, donde
esploro invano. Non c’è più nessuno.
E solo a me che chiamo, ecco risponde.
il pigolio d’un passero digiuno.

La neve
(Gianni Rodari)
Che bella neve,
che invenzione la neve di lana e di cotone…
Non bagna i guanti né le mani senza guanti,
né i piedi senza scarpe,
né i nasi senza sciarpe,
né le teste senza cappello,
né i cappelli senza ombrello,
né le stufe senza carbone,
questa bellissima invenzione,
la neve di lana e di cotone.

Ad un fiocco di neve
(Francis Thompson)
Qual cuore potrebbe averti pensato,
o petalo di filagrana,
che superi ogni nostro immaginare,
foggiato così puramente,
fragilmente, con mano così sicura,
di quel paradisiaco, inconcepibile metano,
troppo costoso per aver prezzo?
Chi ti lavorò col martello,
chi ti forgiò colla sostanza d
i un argenteo vapore?
“Iddio fu il mio artefice.
Oltre ogni fantasia,
Egli mi martellò, mi foggiò
colla sostanza di un increspato
vapore d’argento,
per recar delizia alla Sua mente;
tu non avresti potuto immaginarmi!
così puramente, così pallidamente,
minutamente, con mano così sicura,
possentemette, fragilmente:
scolpito e lavorato a sbalzo
dal Suo martello di vento
e da’ Suo bulino di gelo!”

La neve che mai si accumula
(Emily Dickinson)
La transitoria, fragrante neve
Che arriva una sola volta l’Anno
Morbida s’impone ora –
Tanto pervade l’albero
Di notte sotto la stella
Che certo sia il Passo di Febbraio
L’Esperienza giurerebbe –
Invernale come un Volto
Che austero e antico conoscemmo
Riparato in tutto tranne la Solitudine
Dall’Alibi della Natura –
Fosse ogni Tempesta così dolce
Valore non avrebbe –
Noi compriamo per contrasto – La Pena è buona
Quanto più vicina alla memoria.

La neve cade
(Boris Pasternak)
La neve cade, la neve cade
Alle bianche stelline in tempesta
Si protendono i fiori del geranio
Dallo stipite della finestra:
La neve cade e ogni cosa è in subbuglio,
ogni cosa si lancia in un volo,
i gradini della nera scala,
la svolta del crocicchio.
La neve cade, la neve cade,
come se non cadessero i fiocchi,
ma in un mantello rattoppato
scendesse a terra la volta celeste.
Come se con l’aspetto di un bislacco
Dal pianerottolo in cima alle scale,
di soppiatto, giocando a rimpiattino,
scendesse il cielo dalla soffitta.
Perché la vita stringe. Non fai a tempo
A girarti dattorno, ed è Natale.
Solo un breve intervallo:
guardi, ed è l’Anno Nuovo.
Densa, densissima la neve cade.
E chi sa che il tempo non trascorra
Per le stesse orme, nello stesso ritmo,
con la stessa rapidità o pigrizia,
tenendo il passo con lei?
Chi sa che gli anni, l’uno dietro l’altro,
non si succedano come la neve,
o come le parole d’un poema?
La neve cade, la neve cade,
la neve cade e ogni cosa è in subbuglio:
il pedone imbiancato,
le piante sorprese,
la svolta del crocicchio.

A metà di un tetro inverno
(Christina Rossetti)
A metà di un tetro inverno
il vento gelido si lamentava,
la terra era dura come ferro,
l’acqua come pietra;
la neve era caduta, neve su neve
neve su neve
a metà di un tetro inverno
tanto tempo fa.
Il nostro Dio,
il cielo non può trattenerlo,
né la terra sostenerlo;
cielo e terra scompariranno
quando verrà il suo Regno;
a metà di un tetro inverno
una stalla fu sufficiente
per il Signore, Dio incarnato
Gesù Cristo
Bastò per lui,
dei cherubini
che lo adorassero notte e giorno,
un seno pieno di latte
e una mangiatoria piena di fieno.
Bastò per lui,
e gli angeli
caduti in passato,
il bue e l’asino e il cammello
lo adorassero
Angeli ed arcangeli
erano tutti lì riuniti,
cherubini e serafini
affollavano l’aria,
ma solo sua madre
nella sua beatitudine di vergine
adorò il suo Amato
con un bacio.
“Cosa posso dargli
povera come sono?
Se fossi un pastore
vorrei portare un agnello,
se fossi un Magio
vorrei fare la mia parte,
ecco ciò che posso donargli –
gli dono il mio cuore”

Trova tanti altri articoli simili nella categoria: Poesie

X