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Poesie d’Amore di Shakespeare: le 15 più belle e sentimentali

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Ultimo aggiornamento: 20 Giugno 2023
Di: Frasi Mania
Poesie sull'Amore di Shakespeare

William Shakespeare è considerato uno degli scrittori più importanti di sempre e il poeta più amato della letteratura inglese.

Con le sue opere teatrali ha fatto emozionare intere generazioni per oltre quattro secoli, ma anche le sue opere poetiche sul tema dell’amore sono molto apprezzate ancora oggi.

Ecco quindi una selezione delle più belle poesie d’amore di Shakespeare che ci faranno emozionare e scoprire la bellezza di questa forma d’arte.

Poesie d’amore di Shakespeare

Sonetto 116
Non sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

Sonetto 130
Gli occhi della mia donna non sono come il sole;
il corallo è molto più rosso delle sue labbra:
se la neve è bianca, allora perché i suoi seni sono grigi?
Se i capelli devono essere filamenti, fili neri crescono sulla sua testa
Ho visto rose variegate, rosse e bianche,
ma non ho visto alcuna rosa sulle sue guance;
e c’è più delizia in altri profumi
che nell’alito che il mio amore esala.
mi piace sentirla parlare, perché so
che la sua voce, per me, è come musica;
quando la vidi non mi sembrò una dea:
la mia donna, quando cammina, non ha grazia.
E nonostante ciò, il mio amore è cosi raro
come se lei fosse stata elogiata da falsi paragoni.

Sonetto 18
Posso paragonarti a un giorno d’estate?
Tu sei più amabile e più tranquillo.
Venti forti scuotono i teneri boccioli di Maggio,
e il corso dell’estate ha fin troppo presto una fine.
Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo,
e spesso la sua pelle dorata s’oscura;
ed ogni cosa bella la bellezza talora declina,
spogliata per caso o per il mutevole corso della natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà svanire,
né perder la bellezza che possiedi,
né dovrà la morte farsi vanto che tu vaghi nella sua ombra,
quando in eterni versi nel tempo tu crescerai:
finché uomini respireranno o occhi potran vedere,
queste parole vivranno, e daranno vita a te.

Sonetto 57
Essendo schiavo tuo, che altro potrei fare
se non servir ore e momenti di ogni tuo volere?
Non è prezioso il tempo che io ho da spendere,
né servigi da rendere finché tu non li chieda.
Né oso io dolermi di quei momenti senza fine
mentre, mio signore, guardo l’ora in tua attesa,
né giudico esasperante l’amarezza dell’assenza
quando al tuo servitore tu hai detto addio.
Né oso domandare al mio pensier geloso
ove tu possa essere o supporre cosa stia facendo,
ma in triste schiavitù io aspetto e solo penso
quanto tu renda felice chi ti sta vicino.
L’amore è così sciocco che in ogni tuo piacere,
qualunque sia il tuo agire, non crede in alcun male.

All’amata
Se leggi questi versi,
dimentica la mano che li scrisse:
t’amo a tal punto
che non vorrei restar
nei tuoi dolci pensieri,
se il pensare a me
ti facesse soffrire.

Sonetto 109
No, non dire mai che il mio cuore è stato falso
anche se l’assenza sembrò ridurre la mia fiamma;
come non è facil ch’io mi stacchi da me stesso,
così è della mia anima che vive nel tuo petto:
quello è il rifugio mio d’amore; se ho vagato
come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno
fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi,
tanto ch’io stesso porto acqua alle mie colpe.
Non credere mai, pur se in me regnassero
tutte le debolezze che insidiano la carne,
ch’io mi possa macchiare in modo tanto assurdo
da perdere per niente la somma dei tuoi pregi:
perché niente io chiamo questo immenso universo
tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.

Sonetto 22
Lo specchio non mi convincerà che sono vecchio,
finché tu e giovinezza avrete la stessa età;
ma quando in te io scorgerò i solchi del tempo
attenderò che morte dia pace ai giorni miei.
Poiché tutta la bellezza che ti inonda
altro non è che degna veste del mio cuore
che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
come potrei dunque esser io più vecchio?
Perciò, amore, abbi cura di te stesso
così come io farò, non per me, ma per te
custodendo il tuo cuore che terrò così prezioso
qual tenera nutrice il suo bimbo da mal protegga.
Non sperare nel tuo cuore quando il mio sarà distrutto:
tu mi hai donato il tuo non per averlo indietro.

Sonetto 145
Quelle labbra che Amor creò con le sue mani
bisbigliarono un suono che diceva “Io odio”
a me, che per amor suo languivo:
ma quando ella avvertì il mio penoso stato,
subito nel suo cuore scese la pietà
a rimproverar la lingua che sempre dolce
soleva esprimersi nel dar miti condanne;
e le insegnò a parlarmi in altro modo,
“Io odio” ella emendò con un finale,
che le seguì come un sereno giorno
segue la notte che, simile a un demonio,
dal cielo azzurro sprofonda nell’inferno.
Dalle parole “Io odio” ella scacciò ogni odio
e mi salvò la vita dicendomi “non te”.

Sonetto 91
Vi è chi vanta la propria nascita, chi l’ingegno,
chi la ricchezza, chi la forza fisica,
chi il vestire alla moda anche se stravagante,
chi vanta falchi e cani e chi i cavalli.
E ogni temperamento ha una sua tendenza innata
in cui trova una gioia superiore al resto;
ma queste piccolezze non s’addicon al mio metro:
io tutte le miglioro in un solo immenso bene.
Per me il tuo amore è meglio di nobili natali,
più ricco della ricchezza, più fiero dell’eleganza,
di maggior diletto dei falchi o dei cavalli
e avendo te, di ogni vanto umano io mi glorio:
sfortunato solo in questo, che tu puoi togliermi
ogni cosa e far di me l’essere più misero.

Non ti amo con i miei occhi
Per la verità, io non ti amo coi miei occhi,
perché essi vedono in te un mucchio di difetti;
ma è il mio cuore che ama quel che loro disprezzano
e, apparenze a parte, ne gode alla follia.
Né i miei orecchi delizia il timbro della tua voce,
né la mia sensibilità è incline a vili toccamenti,
né il mio gusto e l’olfatto bramano l’invito
al banchetto dei sensi con te soltanto.
Ma né i miei cinque spiriti, né i miei cinque sensi
possono dissuadere questo mio sciocco cuore dal tuo servizio,
avendo ormai perso ogni sembianza umana,
ridotto a schiavo e misero vassallo del tuo superbo cuore.
Solo in questo io considero la mia peste un bene:
che chi mi fa peccare, m’infligge pure la penitenza.

Sonetto 73
In me tu vedi quel periodo dell’anno
quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono
su quei rami che fremon contro il freddo,
nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli.
In me tu vedi il crepuscolo di un giorno
che dopo il tramonto svanisce all’occidente
e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia,
ombra di quella vita che tutto confina in pace.
In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco
che si estingue fra le ceneri della sua gioventù
come in un letto di morte su cui dovrà spirare,
consunto da ciò che fu il suo nutrimento.
Questo in me tu vedi, perciò il tuo amor si accresce
per farti meglio amare chi dovrai lasciar fra breve.

Sonetto 47
I miei occhi e il cuore son venuti a patti
ed or ciascuno all’altro il suo ben riversa:
se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,
gli occhi allor festeggian l’effigie del mio amore
e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
un’altra volta gli occhi son ospiti del cuore
che a lor partecipa il suo pensier d’amore.
Così, per la tua immagine o per il mio amore,
anche se lontano sei sempre in me presente;
perché non puoi andare oltre i miei pensieri
e sempre io son con loro ed essi son con te;
o se essi dormono, in me la tua visione
desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.

Sonetto 1
Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie
perché mai si estingua la rosa di bellezza,
e quando ormai sfiorita un dì dovrà cadere,
possa un suo germoglio continuarne la memoria:
ma tu, solo devoto ai tuoi splendenti occhi,
bruci te stesso per nutrir la fiamma di tua luce
creando miseria là dove c’è ricchezza,
tu nemico tuo, troppo crudele verso il tuo dolce io.
Ora che del mondo sei tu il fresco fiore
e l’unico araldo di vibrante primavera,
nel tuo stesso germoglio soffochi il tuo seme
e, giovane spilorcio, nell’egoismo ti distruggi.
Abbi pietà del mondo o diverrai talmente ingordo
da divorar con la tua morte quanto a lui dovuto.

Sonetto 29
Quando, inviso alla fortuna e agli uomini,
in solitudine piango il mio reietto stato
ed ossessiono il sordo cielo con futili lamenti
e valuto me stesso e maledico il mio destino:
volendo esser simile a chi è più ricco di speranze,
simile a lui nel tratto, come lui con molti amici
e bramo l’arte di questo e l’abilità di quello,
per nulla soddisfatto di quanto mi è più caro:
se quasi detestandomi in queste congetture
mi accade di pensarti, ecco che il mio spirito,
quale allodola che s’alzi al rompere del giorno
dalla cupa terra, eleva canti alle porte del cielo;
quel ricordo del tuo dolce amor tanto m’appaga
ch’io più non muto l’aver mio con alcun regno.

Sonetto 10
È infamia il tuo negare amore verso gli altri
tu che per te stesso sei così inaccorto.
Si può ammettere, se vuoi, che sei da molti amato
ma è molto più evidente che tu non ami alcuno:
sei tanto posseduto da odio distruttore
che neppur contro te stesso esiti a tramare,
portando alla rovina una splendida dimora
che per tuo desiderio dovresti rinsaldare.
Muta il tuo pensiero affinché io muti il mio sentire!
Dev’essere meglio accolto l’odio dell’amore?
Sii piacente e generoso come la tua persona
o prova a te stesso almeno il tuo nobil cuore:
fa’, per amor mio, che un altro te abbia vita
affinché la tua bellezza continui a rifiorire.

Sonetto 142
Amore è il mio peccato e odio la tua miglior virtù:
odio del mio peccato, fondato su amor colpevole.
Oh ma confronta il mio stato al tuo
e scoprirai che il mio non merita rimprovero;
o se lo merita, non da quelle labbra tue
che hanno profanato il carminio che le adorna
e al pari delle mie suggellato falso amore,
sottraendo a letti altrui i lor legittimi piaceri.
Sia mio diritto amarti, come tu ami quelli
che i tuoi occhi anelano quanto i miei ti tediano:
radica nel tuo cuor pietà, affinché crescendo,
possa la tua pietà meritare d’essere pietita.
Se cercherai di avere quanto tu or rifiuti
dal tuo stesso esempio potrà esserti negato.

Sonetto 88
Quando avrai deciso di non stimarmi più
ed esporrai i miei meriti al pubblico disprezzo,
contro me stesso combatterò al tuo fianco
e proverò che sei sincero pur sapendoti spergiuro.
Conoscendo a fondo ogni mia mancanza,
a tuo sostegno potrei portare a conoscenza
colpe nascoste di cui mi son macchiato,
affinché perdendomi tu possa averne gloria:
e in tal modo anch’io ne sarei gratificato:
perché volgendo a te ogni mio pensier d’amore,
le gravi accuse che imputerò a me stesso,
dando a te un vantaggio, doppio per me sarà.
Il mio amore è così grande, talmente ti appartengo,
che per la tua ragione sopporterò ogni torto.

Sonetto 46
I miei occhi e il cuore sono in conflitto estremo
per contendersi l’immagine della tua persona:
gli occhi al cuor vorrebbero celare la tua effigie,
agli occhi il cuor contesta la libertà di tal diritto.
Il cuore a difesa adduce che tu dimori in lui
– un tempio mai violato da sguardi penetranti –
ma gli accusati negano tal dissertazione,
dicendo che in loro giace il tuo bel sembiante.
Per attribuir questo diritto si convoca in giuria
un esame dei pensieri che al cuore son fedeli,
e per verdetto loro viene aggiudicata
la parte dei puri occhi e quella del caro cuore:
così: agli occhi spetta la tua esteriorità,
e diritto del mio cuore è il tuo profondo amore.

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