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Poesie di John Keats: le 10 più belle e romantiche

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Ultimo aggiornamento: 17 Giugno 2023
Di: Frasi Mania
Poesie di John Keats
John Keats (William Hilton)

Vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, John Keats è stato uno dei più celebri poeti e scrittori del romanticismo inglese.

Nonostante la sua scomparsa prematura fu uno scrittore molto prolifico e di alto livello, al punto da essere considerato un punto di riferimento nientemeno che da Oscar Wilde.

Qui di seguito la nostra selezione delle più belle poesie di John Keats che ne denotano lo stile e il forte sentimentalismo. Eccole!

Poesie di John Keats

Argomenti:

Dici di amarmi
Dici di amarmi, ma con una voce
Più casta di quella di una suora
Che canta il tenue Vespero a se stessa,
Mentre la campana suona a festa…
Oh, amami davvero!
Dici di amarmi, ma con un sorriso
Freddo come un’alba di settembre,
Come se fossi la suora di San Cupido
E tenessi le sue settimane delle Tempora.
Oh, amami davvero!
Dici di amarmi, ma poi le tue labbra
Tinte di corallo non insegnano felicità
Più del corallo stesso del mare;
Non si aprono mai per un bacio…
Oh, amami davvero!
Dici di amarmi, ma poi la tua mano
Non stringe dolcemente la mia;
È morta come quella di una statua
– Mentre la mia brucia di passione –
Oh, amami davvero!
Oh, sospirami qualche parola di fuoco!
E sorridimi come se dovessero bruciarmi!
Stringiti a me come si stringe un amante…
Baciami, e nel tuo cuore seppelliscimi!
Oh, amami davvero!

Non posso esistere senza di te
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione come di dissolvermi:
sarei estremamente triste senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l’anima con un potere cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.

Senza di te
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l’anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.

Qui, qui amore…
Qui, qui amore…
È un prato ombroso…
Qui, qui amore,
Nutriamoci e nutriamoci!
Qui, qui dolce…
È un giaciglio di erba…
Qui, qui, dolce!
È profumato di rugiada!
Qui, qui cara…
Per il respiro della vita…
Qui, qui cara!
Sii la sposa dell’estate!
Sebbene il piacere di un momento
In un momento fugga,
Sebbene il tesoro della passione
In un momento muoia…
Adesso non è ancora passato!
Pensa quant’è vicino, quant’è vicino!
E mentre dura
Pensa com’è bello, com’è bello!
Qui, qui, qui.
Amore questo dono ha inviato…
Se dovessi morire e inaridire,
Morirei contento.

Il giorno è già passato
Il giorno è già passato
e le dolcezze son tutte passate!
O dolce voce, bocca,
tenera mano e più tenero seno,
Caldo respiro, sussurri,
come tenere voci smorzate,
Occhi splendidi, forme
superbe e i fianchi dal fascino pieno!
Il fiore s’è avvizzito
con ogni incanto ch’era germogliato,
Della beltà i miei occhi
han visto dileguare la visione,
E neppure un’impronta
sulle mie braccia la beltà ha lasciato,
È svanita la voce,
quel cielo di purezza e di passione.
Tutto è fuggito via
innanzi tempo al cader della sera,
Quando già quegli scialbi
notte e giorno festivi, nel velame
Profumato d’amore
di quell’oscurità che più s’annera,
Cominciano a intrecciare
per il piacere nascosto le trame.

Fulgida stella
Fulgida stella, come tu lo sei
fermo foss’io, però non in solingo
splendore alto sospeso nella notte
con rimosse le palpebre in eterno
a sorvegliare come paziente
ed insonne Romito di natura
le mobili acque in loro puro ufficio
sacerdotale di lavacro intorno
ai lidi umani della terra, oppure
guardar la molle maschera di neve
quando appena coprì monti e pianure.
No, – eppure sempre fermo, sempre senza
mutamento sul vago seno in fiore
dell’amor mio, come guanciale; sempre
sentirne il su e giù soave d’onda, sempre
desto in un dolce eccitamento
a udire sempre sempre il suo respiro
attenuato, e così viver sempre,
– o se no, venir meno nella morte.

Io grido a te pietà, pietà, amore
Io grido a te pietà, pietà, amore –
sí, amore! Amore misericordioso,
non supplizio di Tantalo, ma univoco
pensiero, ed immutabile e innocente,
a viso aperto e chiaro e senza macchia!
Lascia ch’io t’abbia tutta, tutta mia!
Quella forma leggiadra, quella dolce
droga d’amore minima, il tuo bacio –
mani ed occhi divini, il caldo e bianco
lucente seno dalle mille gioie;
te stessa, la tua anima, ti supplico
per pietà, dammi tutto, non escluso
un atomo di un atomo, o morrò,
o se forse vivrò, tuo miserando
servo, sarà mia vita senza scopo
nella foschia della sventura inutile –
perduto dal palato della mente
il gusto e resa l’ambizione cieca.

Lucente stella
Lucente stella, esser potessi come te costante –
non però, in solitario splendore, nella notte sospesa,
mentre, con il tuo sguardo eterno, osservi distante
tu, della natura paziente e insonne eremita,
le mutevoli acque al sacro compito intente
di pure abluzioni attorno alle spiagge umane,
o mentre scruti la maschera, discesa lievemente,
di fresca neve sui monti, e sopra le brughiere –
No – sempre costante, senza un cambiamento,
adagiarmi vorrei sul seno generoso del mio amore,
sentendolo abbassarsi e sollevarsi lento,
in dolce inquietudine e senza mai dormire,
Così sempre, e per sempre, il suo lieve respiro sentire
e vivere in eterno – o, in estasi, morire.

Canzone
Nella notte cupa di dicembre
Tanto felice albero felice
Coi rami che non ricordano
La loro verde felicità:
Il vento non può dissolverli
Sibilando bianco tra loro,
Né le fredde sgelate trattengono
I germogli di primavera.
Nella notte cupa di dicembre
Tanto felice felice ruscello
Per le acque che non ricordano
Lo sguardo caldo del sole
E nell’oblio trattengono
Tormenti di cristallo
Dolci senza lamenti
Al tempo ghiacciato.
Oh, fosse così per tanti
Ragazzi e dolci amanti!
Ve n’è mai stato uno
Che non ha pianto al passato?
Percepire il mutamento, sentirlo,
Sapere che nessuno può sanarlo,
Che i sensi non possono indurirlo.
Questo mai è stato detto in poesia.

Voglio una coppa piena sino all’orlo
“Che terribile bellezza!
Da quest’istante strappo dalla mia mente qualsiasi altra donna”
Voglio una coppa piena sino all’orlo
E dentro annegarci l’anima:
Riempitela d’una droga capace
Di bandire la Donna dalla mente.
E non voglio dell’acqua poetica, che scaldi
I sensi al desiderio lussurioso,
Ma una sorsata profonda
Tracannata dalle onde del Lete,
Per liberare con un incanto il mio
Petto disperato dall’immagine
Più bella che gli occhi miei festanti
Videro, intossicandone la mente.
È inutile – mi perseguita struggente
La dolcezza di quel viso.
Lo sfavillio del suo sguardo splendente –
E quel seno, terrestre paradiso.
Mai più felice sarà la vista mia,
Ché ha perso il visibile ogni sapore:
Perduto è il piacere della poesia,
L’ammirazione per il classico nitore.
Sapesse lei come batte il mio cuore,
Con un sorriso ne lenirebbe la pena,
E sollevato ne sentirei la dolcezza,
La gioia, mescolata col dolore.
Come un toscano perduto in Lapponia,
Tra le nevi, pensa al suo dolce Arno,
Così sarà lei per me in eterno
L’aura della mia memoria.

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