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Poesie sul Silenzio: le 15 più belle e profonde

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Ultimo aggiornamento: 10 Giugno 2023
Di: Frasi Mania
Poesie sul Silenzio

Il silenzio è l’assoluta mancanza di suoni e di rumori, ma anche una condizione legata alla solitudine, all’ascolto, alla pace e alla spiritualità.

Infatti, è nel silenzio che possiamo ammirare completamente la bellezza di ciò che ci circonda, così come possiamo viaggiare all’interno dei nostri pensieri più nascosti.

Qui di seguito le più belle poesie sul silenzio che ne mettono il luce le atmosfere più belle e particolari. Eccole!

Poesie sul silenzio

Argomenti:

Il silenzio
(Thomas Hood)
V’è silenzio ove suono non è stato,
V’è silenzio ove suono non può essere:
Nella fredda tomba – nel fondo del mare,
O nel deserto grande dove non c’è vita,
Che è stato muto e sempre dormirà;
Non una voce tace, e nessuna vita cammina in silenzio,
Ma nubi e ombre nuvolose vagano libere
E mai sulla terra oziosa hanno parlato,
Se non tra verdi rovine e mura abbandonate
Di palazzi antichi dove l’Uomo è stato,
Pur tra i richiami di una volpe bruna e iena
E pur se i gufi convulsamente
Stridono all’eco, nel pianto sommesso del vento
Consapevole, dove vive il vero Silenzio.

Silenzio stellato
(Giuseppe Ungaretti)
E gli alberi e la notte
Non si muovono più
Se non da nidi.

Dopo un lungo silenzio
(William Butler Yeats)
Parlare dopo un lungo silenzio è cosa giusta.
Perduti o morti gli esseri amati,
nascosta nell’abat-jour l’ostile lampada
e calate le tende sulla nemica notte
che si parli così tra noi e noi
su questo tema eccelso, l’Arte e il Canto.
La decrepitudine del corpo è saggia:
giovani ci siamo amati senza saperne nulla.

Silenzio
(Arturo Graf)
Dio, che silenzio! Intorno,
sull’arìose alture,
selve d’abeti, scure
entro il fulgor del giorno.
E qua, dove la piargia
digradando s’allenta,
cespi di folle menta
e d’erica selvaggia.
Passa la nube estiva
che nel seren si perde,
e vela il muto verde
d’un’ombra fuggitiva …
Dio, che silenzio! Il core
par che mi svenga in petto
mentre, sedendo, aspetto
ciò che non giunge, e l’ore
dileguan lente. – Ascolta!…
Che orribil pace è questa?
Non un sospiro desta
la solitudin folta …
È imagin vera o sogno
ciò che apparisce in giro?
Questo che scemo e miro
è quel di là che agogno?
Com’ogni cosa è lieve,
com’ogni cosa è muta,
presso e lontan, perduta
in questa cerchia breve!
Che m’avvenne? Da quando,
perché son qua? Salvato
da un’insidia? Cacciato
da qualche ignoto bando?
Che m’occorse? M’occorse
veramente qualcosa? –
Dna silenziosa
voce risponde: Forse!…
Forse? Non altro? Dio,
che soliloquio vano,
che guazzabuglio strano!…
Sogni, ricordi, oblio!…
Qual è il nome ch’io porto,
là tra gli umani greggi?
Terra che mi sorreggi,
io vivo o son morto?
Ah, che silenzio atroce!
ah, che funerea pace!
Tace ogni cosa; tace
la stremata mia voce.

Ho bisogno di silenzio
(Alda Merini)
Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.
Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina
disorietate dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.
Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Gli amici veri, pochi, uno?
sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire.
Chi di parole da me ne ha avute tante
e non ne vuole più,
ha bisogno, come me, di silenzio.

Ho conosciuto il silenzio
(Edgar Lee Masters)
Ho conosciuto il silenzio delle stelle e del mare
e il silenzio della città quando si placa
e il silenzio di un uomo e di una vergine
e il silenzio con cui soltanto la musica trova linguaggio.
Il silenzio dei boschi
prima che sorga il vento di primavera
e il silenzio dei malati quando girano gli occhi per la stanza,
e chiedo per le cose profonde a che serve il linguaggio.
Un animale nei campi geme una o due volte
quando la morte coglie i suoi piccoli;
noi siamo senza voce di fronte alla realtà.
Noi non sappiamo parlare.
Un ragazzo curioso domanda a un vecchio soldato
seduto davanti la drogheria
Come hai perduto la gamba?
e il vecchio soldato è colpito di silenzio e poi gli dice
Me l’ha mangiata un orso.
E il ragazzo stupisce,
mentre il vecchio soldato, muto,
rivive come in sogno
le vampe dei fucili
il tuono del cannone
le grida dei colpiti a morte
e sè stesso disteso al suolo
i chirurghi dell’ospedale
i ferri
i lunghi giorni di letto.
Ma se sapesse descrivere ogni cosa sarebbe un artista,
ma se fosse un artista
vi sarebbero ferite più profonde
che non saprebbe descrivere.
C’è il silenzio di un grande odio
e il silenzio di un grande amore
e il silenzio di una profonda pace dell’anima
e il silenzio di un’amicizia avvelenata.
C’è il silenzio di una crisi spirituale
attraverso la quale l’anima, sottilmente tormentata,
giunge con visioni inesprimibili
in un regno di vita più alta,
e il silenzio degli dèi che si capiscono senza parlare.
C’è il silenzio della sconfitta
c’è il silenzio di coloro che sono ingiustamente puniti
e il silenzio del morente, la cui mano stringe subitamente la vostra.
C’è il silenzio tra padre e figlio,
quando il padre non sa spiegare la sua vita, sebbene in tal modo
non trovi giustizia.
C’è il silenzio che interviene fra il marito e la moglie
c’è il silenzio dei falliti
e il vasto silenzio che copre le nazioni disfatte e i condottieri vinti.
C’è il silenzio di Lincoln, che pensa alla povertà della sua giovinezza
e il silenzio di Napoleone dopo Waterloo
e il silenzio di Giovanna d’Arco
che dice tra le fiamme
Gesù benedetto
rivelando in due parole ogni dolore, ogni speranza.
C’è il silenzio dei vecchi,
troppo carichi di saggezza
perché la lingua possa esprimerla
in parole intelligibili
a coloro che non hanno vissuto la grande parabola della vita.
E c’è il silenzio dei morti.
Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze,
perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte?
Quando li avremo raggiunti
il loro silenzio avrà spiegazione.

Penso a te nel silenzio della notte
(Fernando Pessoa)
Penso a te nel silenzio della notte, quando tutto è nulla,
e i rumori presenti nel silenzio sono il silenzio stesso,
allora, solitario di me, passeggero fermo
di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te.
tutto il passato, in cui fosti un momento eterno,
è come questo silenzio di tutto.
tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi,
è come questi rumori,
tutto l’inutile, in cui fosti quel che non doveva essere,
è come il nulla che sarà in questo silenzio notturno.
ho visto morire, o sentito che morirono,
quanti amai o conobbi,
ho visto non saper più nulla di quelli che un po’ andarono
con me, e poco importa se fu un’ora o qualche parola;
o un passeggio emotivo e muto,
e il mondo oggi per me è un cimitero di notte,
bianco e nero di tombe e alberi e di estraneo chiardiluna
ed è in questa quiete assurda di me e di tutto
che penso a te.

Silenzio
(David Herbert Lawrence)
Da quando ti ho persa, sono ossessionato dal silenzio;
i suoni le lor piccole ali agitano
un attimo, poi all’onda s’abbandonano
dalla stanchezza, che dondola senza rumore.
Sia che per strada la gente
passeggi con monotono brusio
o sospiri il teatro e sospiri
con un profondo respiro roco,
o agiti il vento un groviglio di luce
sul fiume nero, profondo,
o gli ultimi echi della notte
facciano rabbrividire l’aurora,
io avverto il silenzio che aspetta
di poter bere tutto ancora
nella sua estrema totalità svuotando
il rumore degli uomini.

Esiste qualcosa di più grande
(Kahlil Gibran)
Esiste qualcosa di più grande e più puro
rispetto a ciò che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l’anima,
sussurra ai cuori e li unisce.
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi,
ci fa veleggiare
nel firmamento dello spirito,
ci avvicina al cielo;
ci fa sentire che il corpo
è nulla più che una prigione,
e questo mondo è un luogo d’esilio.

L’amore che tace
(Gabriela Mistral)
Se ti odiassi, il mio odio ti darei
con le parole, rotondo e sicuro;
ma ti amo e il mio amore non si affida
a questa lingua umana, così oscura!
Tu lo vorresti mutato in un grido,
e vien così dal fondo che ha disfatto
la sua ardente fiumana, sfinito
prima ancora della gola e del petto.
Io sono come uno stagno ricolmo
ed a te sembro una sorgente inerte,
per questo mio silenzio tormentoso
più atroce che entrare nella morte!

Il silenzio
(Ada Negri)
Tu che sussulti a un batter d’ali, ed hai
il nodo del silenzio sulle labbra
color di cenere!…
Perchè taci, e tremando te ne stai
rinchiusa in una torre di tristezza?…
E pure sei così giovine ancora,
così soave è ancor la tua bellezza!…
Non so il tuo male. – Tu mi sembri oppressa
da un cilicio nascosto, che flagelli
la carne fragile,
perdutamente al suo poter sommessa;
e un’ebbrezza indicibile ti è data
forse dal tuo soffrir senza parola,
se al lamento la bocca è sigillata;
se le mani s’aggrappan con terrore
a un mobile, ad un muro, a un davanzale,
per trattenerti
di scagliare il tuo corpo e il tuo dolore
dalla finestra!… – Ma perché patire
senza rivolta?… Io non lo so, il tuo male;
ma t’insegnerei, forse, a non morire. –
Senti come garriscono le rondini
bianche e nere, nell’ora del tramonto.
Pel ciel s’inseguono
stridendo, in cerchi rapidi e giocondi.
Non hai pensato mai che forse un giorno
fosti la rondin che a Novembre fugge
verso il sole, e nel Marzo fa ritorno?…
Non ti senti quelle ali dentro il cuore
batter, folli d’azzurro?… non lo senti
che tu sei libera
come la rondinella del Signore,
e che sol per gioirne Iddio ti diede
l’anima tua piena di raggi, ardente
di sogni, aperta ad ogni pura fede?…
Vuoi ch’io ti regga al volo?… Oh, non tremare
forte così. – Non ti dirò più nulla. –
Lagrime e lagrime
io verserò su te senza parlare:
su te, che in una torre di tristezza
ti chiudi, e in fondo l’ami, il tuo martirio,
e vi sfiorisci con la tua bellezza.

Il silenzio
(Delmira Agustini)
Tra le tue dita indolenti
Si sciolgono i miei capelli;
Sento vertigini ardenti
Nelle due tazze di caffè nero
Delle tue calde pupille;
Folle, più che folle,
Sono per i tuoi denti di crema
Tra le fragole delle tue labbra;
In fiamme mi frantumo
Per incastonarmi nel tuo abbraccio,
E cenere sono, delirio,
Quando m’ergo nella tua vita,
Tutta vestita d bianco,
Tutta profumo di giglio!

Mi piaci quando taci
(Pablo Neruda)
Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
Poiché tutte le cose son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell’anima mia.
Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomigli alla parola malinconia.
Mi piaci quando taci e sei come distante.
E stai come lamentandoti, farfalla turbante.
E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.
Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così.

Guarda le stelle
(Evgenij Abramovič Baratynskij)
Guarda le stelle: molte ardono
Nel silenzio della notte
E splendono attorno alla luna
Nell’azzurro del cielo.
Guarda le stelle: tra esse ce n’è una
A me più cara di ogni altra.
Per quale ragione? Si alza per prima
O brilla più vivida?
No! Il suo lume conforta cuori amici
Costretti a separarsi,
e i loro occhi si incontrano in lei,
lassù in alto nell’azzurrità.
Appena la vedi apparire nel cielo,
ti guarda pensosa anch’essa,
e il suo sguardo risponde al tuo
e teneramente riarde.
Nel turchino della notte non stacchiamo
I nostri occhi da lei:
la seguiamo dalla terra al cielo
e dal cielo alla terra.
E tu, hai già scelto la tua stella?
Nel silenzio della notte
Molte splendono e ardono
Nell’azzurro del cielo.
Non affidare il tuo cuore alla prima
Che vedi a te davanti,
non dir tua, futile in amore,
la più fulgida di tutte,
ma chiama invece tua solo la stella
che guarda pensierosa,
e il cui sguardo risponde al tuo
e teneramente riarde.

Elegia del silenzio
(Federico García Lorca)
Silenzio, dove porti
il tuo vetro appannato
di sorrisi, di parole
e di pianti dell’albero?
Come pulisci, silenzio,
la rugiada del canto
e le macchie sonore
che i mari lontani
lasciano sul bianco
sereno del tuo velo?
Chi chiude le tue ferite
quando sopra i campi
qualche vecchia noria
pianta il suo lento dardo
sul tuo vetro immenso?
Dove vai se al tramonto
ti feriscono le campane
e spezzano il tuo riposo
gli sciami delle strofe
e il gran rumore dorato
che cade sopra i monti
azzurri singhiozzando?
L’aria dell’inverno
spezza il tuo azzurro
e taglia le tue foreste
il lamento muto
di qualche fonte fredda.
Dove posi le mani,
la spina del riso
o il bruciante fendente
della passione trovi.
Se vai agli astri
il solenne concerto
degli uccelli azzurri
rompe il grande equilibrio
del tuo segreto pensiero.
Fuggendo il suono
sei anche tu suono,
spettro d’armonia,
fumo di grido e di canto.
Vieni a dirci
la parola infinita
nelle notti oscure
senza alito, senza labbra.
Trafitto da stelle
e maturo di musica,
dove porti, silenzio,
il tuo dolore extraumano,
dolor di esser prigioniero
nella ragnatela melodica,
cieco per sempre
il tuo sacro fonte?
Oggi le tue onde trascinano
con torbidi pensieri
la cenere sonora
e il dolore del passato.
Gli echi dei gridi
che svanirono per sempre.
Il tuono remoto
del mare, mummificato.
Se Geova dorme
sali al trono splendente,
spezzagli in fronte
una stella spenta
e lascia davvero
la musica eterna,
l’armonia sonora
di luce, e intanto
torna alla tua fonte,
dove nella notte eterna,
prima di Dio e del tempo
sgorgavi in pace.

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